Giulio Cesare: tragedia |
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alcuna allora amici animo Antonio anzi aspetto avendo avesse Bruto buon Calpurnia Campidoglio campo casa CASCA CASSIO Catone cerchio certo Cesare ch'egli ch'io chè chiamava ciel CINNA CITTADINO codesta colle coloro congiurati core corona corri credo cuore dato DECIO dice dormi ecco Entrano erano essendo faceva fece fermo festa Filippi forza fuggi furono giorno Giul gran grande grida guarda innanzi insieme lasciando leggi letto libertà Lucilio LUCIO mano mente MESSALA Metello mezzo miglior mondo morire morte mutare nemici nobil nome nulla nuova occhi oltre onor OTTAVIO pareva parli parole passi pensi pensiero Perciocchè Pindaro poco poeta popolo porta PORZIA possa potere prego preso punto QUARTO ragion recando Ritorna romani sangue sarà SCENA schiere segue Senato Senatori sente SERVO signor soldati spada temo TERZO testamento Titinio torna trovar uomo vedi veggo venuti vero verso veste vide vieni vivo volte vuoi
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Pàgina 18 - È creatura vil, che ad ogni lieve Moto di lui debbe chinar le terga. — Nelle Spagne una febbre gli sorvenne; E, del mal nell'accesso, io lo vidi, io, Tutto tremar ... sì, questo Dio tremava ! Senza color le sue labbra codarde; E l'occhio, ch'or d'un cenno agita il mondo. D'ogni luce era muto; io lo sentii Gemere; e quella lingua che a' Romani Di notar comandava ogni suo moto, E ne' libri vergar le sue parole: Aimì!
Pàgina 55 - Scortese a me fuggisti; e jeri a cena, Dalla mensa improvviso in piè balzavi A passeggiar, serrate al sen le braccia, In gran pensiero, sospiroso; e quando Ten chiesi la cagione, in me fissasti Torbidi gli occhi; rinnovai l'inchiesta, E tu, coll'ugne tormentando il capo, Impaziente calpestavi il suolo. Pure insistei ; non rispondesti, e cenno Col fiero moto della man mi festi Che lasciar ti dovessi. E ti lasciai, Temendo rinfocar l'impazienza La cui fiamma pareva in te soverchia, Ma confidando ancor...
Pàgina 17 - Il coi' ti basta di gittarti, Cassio , con me nello sdegnato flutto, E di nuotar fin là? — Detto non ebbe Ch'io, qual era vestito, mi precipito Nell'onda, e accenno a lui di seguitarmi. Ei mi segue... Muggia l'ampia corrente, E noi, rompendo con gagliardi nervi L'onda a traverso e riurtando a gara, Col cuor lottante avanzavam: ma pria Che toccassi la meta: — Ajuto, o Cassio, Ver me Cesare grida, o ch'io m'affogo!..
Pàgina 22 - Come tu, nè alla musica dà mente ; Raro sorride, o in guisa tal sorride Che par di sè gioco si pigli, ea scherno Abbia lo spirto suo che alcuna cosa Lo mova al riso. Mai non sono in pace Uomini di tal tempra, infin che innanzi Veggansi alcun di lor più grande; e questo Li fa sì perigliosi. — Io, sol ti dico Quel che temer si può, non quel che temo ; Ch'io son pur sempre Cesare... Mi vieni Alla destra; di qui tardo ho l'orecchio; E ciò che di lui pensi aprimi schietto. (Parte Cesare con tutto...
Pàgina 196 - ... stessa. Perché pigliando un picciolo coltello, col quale i barbieri sogliono tagliar l'unghie, e cacciando di camera tutte le sue cameriere, si fece una gran ferita in una coscia, onde n'uscì di molto sangue: e di là a poco quella ferita le mise addosso un grave dolore, et una terribil febre.
Pàgina 22 - occhio suo passa attraverso ; mai Della commedia non si piacque, o Antonio, Come tu; nè alla musica da mente; Raro sorride, o in guisa tal sorride Che par di sè gioco si pigli, ea scherno Abbia lo spirto suo che alcuna cosa Lo mova al riso. Mai non sono in pace Uomini di tal tempra, infin...
Pàgina 80 - Forse n' andrei ; ma fermo io son , siccome L' artica stella che nel suo costante E non mutabil centro altra compagna In ciel non ha. D'innumere faville ' È seminato il firmamento; ognuna - ' ' È fiamma, e luce han tutte; ma una sola Fra tutte immota sta. — Cosi nel mondo , D'uomini seminato; uomini tutti Di carne e sangue e d' intelletto : eppure Io son, fra tanto numero, sol uno Cte imperterrito tiensi ed inconcusso Nel proprio loco.
Pàgina 17 - ... sembianza, o Bruto. Or ben, del mio discorso il tema è onore. — Quel che tu pensi di codesta vita, Ed altri teco, dir non so; ma prima Io, quanto a me, vorrei cessar la vita Che vivere in timor d'altro me stesso. Io, di Cesare al par, libero nacqui, E tu pure; allevati al par di lui, Ambo possiam durar del verno i geli, Com'esso. Mi sovvien che, in un ventoso Giorno crudel che il Tebro gonfio e torbo Flagellava le rive, a me dicea Cesare : II cor ti basta di gittarti, Cassio, con me nello...