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La carne mia è senza sanitate:

Io sono afflitto, e molto umiliato, Sol per la grande mia iniquitate. E tanto è lo mio cor disconsolato,

Ch'io gemo, e ruggio, come fa il leone, Quando e' si sente preso, ovver legato. → O Signor mio la mia orazione,

E'l gemer mio, ed ogni desiderio, Nel tuo cospetto sempre mai si pone. to Lo core in me non trova refrigerio,

Perchè i' ho presa la virtù degli occhi; E di me stesso ho perso il ministerio. I E quei, ch'io non credeva esser finocchi (17), Ma veri amici, e prossimi, già sono Venuti contra me con lancie, e stocchi.. 2 E quegli, ch'era appresso a me più buono, Vedendo la rovina darmi addosso,

Fu al fuggire più, che gli altri, prono. Là onde il mio Nemico a stuolo grosso, Vedendomi soletto, s'afforzava

Del mio Castello trapassare il fosso; 13 Ma pur vedendo, che non gli giovava A far assalti, essendo il muro forte; Con vil parole allora m'ingiuriava. E nondimen, per darmi a la fin morte Con tradimenti, e con occulti inganni Pensava tutto'l di d'entrar le porte.

5 Delictum meum cognitum tibi feci: et justitiam meam non abscondi.

6 Dixi: Confitebor adversum me injustit meam Domino: et tu remisisti iniqu tem peccati mei.

7

Pro hac orabit ad te omnis Sanctus tempore opportuno.

8 Veruntamen in diluvio aquarum multa ad eum non approximabunt,

9 Tu es refugium meum a tribulatione, circumdedit me: exultatio mea èrue a circumdantibus me.

Come colui, che, andando per lo bosco,
Da spino punto, a quel si volge, e guarda;
Così converso a te, ti riconosco.
La penitenza mia è pigra, e tarda;
Ma nondimen, dicendo il mio peccato,
La mia parola non sarà bugiarda.
Ma sai, Signor, che t'ho manifestato
Già l'ingiustizia mia, e'l mio delitto:
E lo mio errore non ti ho celato.
E molte volte a me medesmo ho ditto :
Al mio Signore voglio confessare
Ogni ingiustizia del mio core afflitto.
E tu Signore udendo il mio parlare,
Benignamente, e subito ogni vizio
Ti degnasti volermi perdonare.
Ed imperò nel tempo del Giudizio
Ti pregheranno insieme tutti i Santi,
Che tu ti degni allora esser propizio.
Ma gli orrori degli Uomini son tanti,
Che ne lo gran diluvio di molt'acque
Nelle fatiche non saran costanti.
Non s'approssimeranno a quel, che giacque
Nell'aspero presepio, allora quando

Per noi discese al Mondo, e Uomo nacque.
Io a te, Signor, ricorro lagrimando,

Per la tentazion de' miei nemici,
Che sempre mai mi van perseguitando.

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10 Intellectum tibi dabo, et instruam te inv hac, qua gradieris: firmabo super te oc los meos.

11 Nolite fieri sicut equus et mulus, quib

non est intellectus.

12 In camo, et fræno maxillas eorum co stringe, qui non approximant ad te.

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13 Multa flagella peccatoris: sperantem aute

in Domino misericordia circumdabit.

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O Gloria dell'Alme peccatrici,

Che convertonsi a te per penitenza,
Difendimi dai Spiriti infelici.

Non consentir, Signor, che la potenza
De gli Avversarj miei più mi consummi (1 2);
E smorza in me ogni concupiscenza.
Dal mio Signore allora ditto fummi:
Sì, che io ti darò, Uomo, intelletto,
Per cui conoscerai li Beni summi.
Poi ti dimostrerò 'l cammin perfetto,
Per cui tu possi pervenire al Regno,
Dove si vive senza alcun difetto.
Degli occhi miei ancor ti farò degno;
Ma non voler, come il cavallo, e'l mullo (13),
Far te medesmo d'intelletto indegno.
O Signor mio, o singolar trastullo (14),
Chi è colui, che sta sotto le stelle,
Eccetto il stolto, e'l picciolo fanciullo,
Che non seguendo te, ma lo suo velle (15),
Non meriti, che lo tuo morso, e'l freno
Per forza gli costringa le mascelle?
6 Ma io son certo, ed informato a pieno,
Che li flagelli dello peccatore

Saranno assai, e non verran mai meno.
E che quelli, che speran nel Signore,
Da lui saranno tutti circondati

Di grazia, di pietade, e sommo onore.

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